Intervento per la visita dell'Assessore alla Salute

Ringrazio l’Assessore Bezzini, il Direttore Generale e l’Azienda per la loro presenza perché quello di oggi è per noi, oltre che un segnale di attenzione importante, una preziosa occasione di confronto con i vertici del sistema sanitario regionale. Sono almeno sette anni che un assessore regionale alla sanità non si misura direttamente con i problemi di questo territorio. Un territorio che ha ritenuto, congiuntamente nell’espressione dei Consigli Comunali di San Marcello Piteglio e Abetone Cutigliano, di esprimere la propria “esasperazione per l’inerzia di fronte ai disagi della popolazione della Montagna a partire dalla mancata attuazione degli interventi necessari per rendere concreto il riconoscimento di Zona Particolarmente Disagiata già approvata dalla Giunta Regionale con atto n. 886 del 13 luglio 2020”.

In questi anni abbiamo lavorato alacremente con la Consulta della Salute, che stasera è presente e che ringrazio per il lavoro svolto, formulando proposte ispirate al buon senso e al pragmatismo, consapevoli delle difficoltà di un sistema sanitario sfiancato da anni di tagli lineari e da una politica di programmazione delle professioni rivelatasi del tutto incapace di leggere e interpretare le trasformazioni profonde che caratterizzano questo momento e alla fine attraversato da due anni di pandemia. Una situazione che oggi ci rimette pesantemente il conto. Lo fa con i medici che non si trovano, né per l’ospedale né per il territorio, lo fa con servizi amministrativi (penso al CUP per esempio) sottodimensionati e non in grado di supportare una popolazione come la nostra, prevalentemente anziana, lo fa con liste di attesa che si allungano giorno dopo giorno. E’ la fotografia di una sanità che si è fatta più povera e affaticata.

Ma proprio qui sta il punto Assessore: se siamo più poveri bisogna esserlo tutti. E invece è successo che un sistema sanitario organizzato in modo centralistico ha finito per richiamare al centro anche quello che funzionava. Il sistema delle specialistiche del PIOT, risorsa preziosa per i medici del territorio, singhiozza come non aveva mai fatto. E invece bisogna avere il coraggio di fare il contrario: fissare gli standard di servizio a partire dai territori montani, per come realisticamente possono essere dimensionati, e riempire le agende anche con chi viene da fuori territorio. E’ un atto di coraggio che ci aspettiamo perché è l’unico che tiene in piedi il centro con la periferia. E’ un cambio di paradigma che non è banale, che ha trovato ostacoli che si sono frapposti fra le nostre proposte e la capacità dell’azienda di ascoltarle e di tradurle in azioni.

Rivendichiamo ascolto. Stasera vorremmo che la Regione ci indicasse una strada chiara. Una strada che non può non ripartire da dove siamo arrivati. Nell’ottobre del 2019 abbiamo sottoscritto un accordo. Quell’accordo contiene cose importanti e positive. Non ce lo dimentichiamo. Una su tutte l’implementazione dell’infermiere di famiglia che è un servizio apprezzato e un buon rafforzativo della medicina territoriale. Quell’accordo è mancante della nuova TAC e soprattutto dei sei medici a rafforzare il sistema dell’emergenza urgenza. Noi su quei sei medici ci contiamo. Fanno bene all’urgenza e fanno bene al reparto. Ma soprattutto quell’accordo era concepito come punto intermedio per arrivare al riconoscimento di area particolarmente disagiata, status che è stato riconosciuto formalmente all’ospedale di San Marcello con la delibera della Giunta Regionale 886 del 13.07.2020. E su questo vorremmo capire come la regione e l’azienda vogliano dare attuazione a quello status. E’ una cosa che il territorio chiede da sempre. E credo che non si possa non ripartire da qui.

Dopodiché negli ultimi due anni è cambiato il mondo, l’esperienza nefasta del CoViD ci ha messo di fronte agli occhi tutta la fragilità del territorio: medici e infermieri privi di qualunque riferimento a fronteggiare un onda d’urto fuori da ogni capacità di previsione. A loro, alla loro abnegazione e al loro senso di responsabilità dobbiamo tutto. In quello stesso frangente abbiamo anche scoperto, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto il sistema del volontariato sia nevralgico e quanto sia importante sostenerlo con ogni mezzo. Oggi più che mai che i costi di gestione stanno andando alle stelle.

La coscienza crescente delle fragilità del territorio ha impresso alle politiche nazionali una direzione decisa. Più professioni mediche, più scuole di specializzazione, più territorio, più infrastrutture di rete, più informatica a supportare i processi di interazione territorio – sistema sanitario. Questa è la sfida nuova, alimentata dalle risorse del PNRR. E noi, in questa sfida, vogliamo starci. Con le Case e con gli Ospedali di Comunità e con tutti gli strumenti che saranno in grado, di qui ai prossimi anni, di portare la medicina a casa del paziente. Perché questa è la frontiera e noi, verso quella frontiera, vogliamo andarci.

Su queste cose vorremmo capire la direzione assessore. Vorremmo uscire dallo smarrimento e sapere con chiarezza dove andiamo.

Grazie!