Uno sguardo d'insieme

Le mie montagne non sono "mie" ovviamente. Lo sono sul piano dell'affetto. Quando parlo di loro intendo una serie di località contenute entro cerchi geografici concentrici che suscitano il mio interesse in una misura che è inversamente proporzionale al loro raggio. Nel cerchio più largo sta la Montagna Pistoiese nella sua interezza. Si tratta della zona appenninica posizionata nell'alta Toscana, al confine con l'Emilia Romagna, al limitare delle province di Modena, Bologna e Lucca. E' la patria di una vegetazione imponente, fra le più rigogliose d'Italia. E' il luogo dove è fiorita tanta parte della civiltà medievale toscana. E' quel dorso di terra dove scorrono torrenti vorticosi, che sgretolano rocce imponenti per trasportalle a valle ridotte in polveri finissime. E' un angolo di mondo che si lascia avvolgere di nevi bianchissime e che serra, stretti fra le sue vallate, i rossi violenti del crepuscolo come i gialli tenui dell'aurora.

Contenuto in questo cerchio sta il territorio del Comune di Piteglio. Io vivo qui. Fra queste vallate e questi monti. Piteglio ha origini antiche. Il primo nucleo affonda probabilmente le proprie radici in epoca romana. Ha prosperato nel medioevo insieme con i piccoli borghi, all'epoca comuni autonomi, che oggi ne compongono il territorio. Piteglio è stata terra di pellegrini e di templari, di pievi, di pievani e di pievanie. I suoi paesi sono avvolti in una spessissima cintura verde, sospesi fra la magia dell'isolamento e l'incanto della natura. Il capoluogo, così come le piccole frazioni della "Val di Forfora", collocati fuori dagli ordinari tracciati della viabilità, si incuneano in una dimensione "altra", come distanziati dalla civiltà, nel tempo e nello spazio.

La mia frazione si chiama Prunetta, è il cerchio più stretto e più interno. Molti dei materiali contenuti in questo sito si riferiscono a lei. Con i suoi 998 m di altitudine costituisce il punto sommitale del territorio di Piteglio. E' una delle frazioni più giovani. Mentre già le aree limitrove brulicavano di uomini  costretti negli affanni di una civiltà incipiente, quello che oggi è il territorio di Prunetta alimentava il ciclo eterno della natura primigenia. Piante e animali erano gli unici occupanti stanziali del luogo, al netto di qualche incauto viandante che aveva il coraggio di avventurarsi fin qui. Già ... incauto perché qui, unico baluardo di vita umana, era collocato il celebre spedale di "Croce Brandegliana", già Conventaccio appartenuto all'ordine dei Templari, dove si dice che i cavalieri banchettassero con le carni ancora palpitanti di chi passava di lì.

Al di là dei miti e delle leggende questo ambiente intriga. E' particolare. Ti tiene a stretto contatto con le radici di te, con la terra, con la creta che origina la forma e che risucchia la forma nei suoi profili sconnessi. Devi saperci vivere però, la devi ascoltare. E per ascoltarla devi misurarti con i suoi tempi dilatati, con i silenzi che ti scavano dentro. Devi osservare con acuta attenzione ... i profili grezzi delle cime, il ripetersi infinito delle linee, le esplosioni di colore. Devi guardare lontano. Dove l'acume della vista si smarrisce.