Glenn Gould. L'ala del turbine intelligente

Gould è la leggenda del pianoforte. Accingersi a scrivere di lui è sempre complicato anche perché ... tutto è stato scritto. E' normale quando la leggenda supera l'uomo. Ma il senso di rapimento che si prova nel sentirlo (e nel vederlo) suonare, ti scatenano dentro un senso di ammirazione e di rispetto quasi mistico e non puoi sottrarti alla seduzione di dire quello che ti passa per la testa.

"L'ala del turbine intelligente" è il titolo di una sua raccolta di scritti sulla musica e sui musicisti. Un titolo visionario al limite dell'ossessione, come visionario fu l'uomo dalla cui testa quella frase era uscita: Charles Baudelaire. L'accostamento, forse, non è e non va considerato del tutto casuale. Sia Gould che Baudelaire, nei rispettivi campi di ricerca, cercarono di sublimare l'arte fino al punto di negare la vita. Come se vita e arte fossero reciprocamente incompatibili o, peggio, come se l'arte divorasse la vita, come se avesse bisogno di nutrirsene per alimentare il ciclo creativo. Baudelaire ammorba la vita con il frequente uso di sostanze allucinogene, nel tentativo di accedere a mondi "altri" dove attingere con pienezza alla dimensione creativa. Gould si ritira letteralmente dalla vita. Negli ultimi anni in particolare. Diserta le sale da concerto per dedicarsi unicamente alla registrazione, si allontana dal mondo degli uomini e rifugge ogni contatto con loro: intrattiene rapporti solo ed esclusivamente per telefono, non si toglie mai i guanti ... Certo, tutte classiche "inflessioni" di un carattere geniale che si esprime anche in altre evidenti stranezze: la seggiolina in legno, bassissima, che avrebbe reso la vita impossibile a qualunque pianista e che invece lui si porta sempre dietro; la ricerca ad ogni costo del pianoforte perfetto; quel mugolare di continuo durante le esecuzioni che si accompagna ad una sorta di direzione d'orchestra senza orchestra; il movimento delle dita, visibile solo al rallentatore, da cui si capta una danza sapientemente studiata; le critiche ironiche, a volte ferocemente caustiche, scaraventate con nonchalance all'indirizzo dei più giganteschi mostri sacri della musica. Baricco, a proposito, così scrive citando Gould: "Verdi è un supplizio, Puccini irritante. Mozart non sapeva scrivere per la tastiera, delle sonate di Beethoven si salvano solo le prime, e così via". Detestava qualsiasi scolasticismo, e se la rideva delle famose otto ore quotidiane al pianoforte: lui passava anche settimane senza toccare la tastiera.

 


Una esecuzione di Bach con alcune delle celebri "stranezze" di Gould

 


Stranezze a parte "l'ala del turbine intelligente" è l'espressione perfetta per delineare i tratti di una delle menti più lucide e taglienti del ventunesimo secolo. Una mente sfrontata, sarcastica, a volte decisamente irriverente, ma capace di leggere gli eventi, non solo musicali, secondo chiavi di interpretazione assolutamente inedite.

Gould era nato nel settembre del 1932; giovanissimo aveva raggiunto la fama e fu allora, giovanissimo, quando aveva solo 31 anni, che decise di abbandonare l'attività concertistica per inseguire la sua idea di perfezione. Da allora non tenne mai più un concerto e la sua ricerca fu tutta tesa allo sfruttamento del potenziale insito nella riproduzione. Viene in mente il celebre saggio di Benjamin: "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", nel quale l'autore introduce l'idea che l'epoca moderna determini una sorta di desacralizzazione dell'opera per effetto del suo riprodursi in migliai di esemplari identici. Ebbene Gould rovescia completamente il concetto: la tecnica diventa essenziale nella ricerca della perfezione e l'interprete si fa protagonista come e più dell'autore. La prima volta che il giovane Glenn incise in sala fu per le celeberrime Variazioni Goldberg. Era il 1955. Gli strumenti di registrazione non erano ancora giunti a piena maturità, ma il ventitreenne pianista canadese aveva già le idee chiarissime. Registrò ogni singola variazione decine e decine di volte, per rimontare il "prodotto finito" combinando le parti migliori, scegliendo, a volte con pazienza maniacale, un solo frammento di poche note. L'esecuzione fu così personale e innovativa da lasciare spazio all'idea che quella musica non fosse stata composta da Bach, ma da Gould. Era del tutto evidente che nulla sarebbe più stato come prima e che solo Glenn Gould avrebbe potuto sfidare se stesso sul terreno di quella interpretazione.

Tutta quella perfezione, come si accennava poc'anzi, gli costò tuttavia una vita di segregazioni. O magari non gli costò nulla, forse quella era la dimensione della sua serenità che visse fino in fondo e pienamente. Della sua vita privata non esiste traccia, e delle maniacali attitudini degli ultimi anni, volte e segnare la separatezza fra se stesso e il "resto del mondo" si è appena detto. Le scelte interpretative furono anch'esse di segno coerente. Glenn Gould non amava i romantici e rifuggiva Chopin. Quale pianista rifugge Chopin? Il poeta del pianoforte, il "luogo" della musica dove sentimento e virtuosismo si fondono in una sintesi mirabile. Ma sentimento e umanità, proprio nel senso della rappresentazione romantica dell'io e delle sue dinamiche illeggibili, coincidono con la negazione della pura razionalità, motore primo dell'idea purissima di musica che Gould aveva in testa. E' per questo che le sue scelte ricadono piuttosto su quegli autori le cui opere si contraddistinguono per architettura costruttiva: il primo Beethoven appunto, ancora non contaminato dal romanticismo incipiente, per saltare dritto fino a Schoenberg, Weber, Hindemit. Infine, su tutti, l'amatissimo Bach: l'apoteosi della ragione, il dominio completo sulla materia che si fa forma dentro una coerenza raziocinante mai eguagliata nella storia del pensiero musicale. E con le "Goldberg" di Bach, Gould si misurò di nuovo nel 1981, sedotto dalla sopraggiunta maturità delle tecniche di registrazione e ansioso di mettere a nudo la trasparenza cristallina che promana da ogni nota di questo capolavoro della maturità bachiana.

 


Le Goldberg nell'esecuzione del 1981

 

Pochi mesi dopo l'uscita del disco, nel settembre del 1982, Glenn Gould fu colpito da infarto. Cadde da subito in un coma profondo e dopo qualche giorno i medici "sentenziarono" che da quel torpore non sarebbe uscito mai più. Il padre dette il consenso al distacco del respiratore. Era il 4 ottobre del 1982. Quel giorno Glenn Gould cessò di essere uomo per lasciare il posto al dilagare della sua leggenda.