Titolo | La peste |
Autore | Albert Camus |
Dati | 2000, 397 p. |
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Editore | Bompiani (collana I grandi tascabili) |
Sinossi |
Il romanzo è ambientato nella città algerina di Orano, in un imprecisato momento degli anni '40, quando il luogo è ancora sotto la dominazione francese. Protagonista è Bernard Rieux, medico francese residente a Orano, e il romanzo è condotto come cronaca scritta dallo stesso Rieux. La moglie del medico è gravemente malata e deve lasciare la città per sottoporsi ad una cura in una clinica di una città vicina. Poco dopo la sua partenza scoppia un'improvvisa moria di topi. Le carogne degli animali vengono trovate a migliaia per tutti gli angoli della città, ma nessuno vi presta più un ragionevole stupore. È in realtà la prima avvisaglia del terribile flagello che sta per abbattersi su Orano. Dopo la sospetta morte di Michel, portiere del condominio in cui risiede Rieux, in città si diffondono casi analoghi: i malati presentano febbre alta, noduli e rigonfiamenti agli inguini e alle ascelle, macchie scure sul corpo e muoiono dopo una delirante agonia. Rieux e l'anziano collega Castel riconoscono i sintomi della peste bubbonica. Nessuno inizialmente vuol prendere in considerazione i sospetti dei due medici, neppure le autorità che temono crisi di panico presso la popolazione, ma quando l'epidemia esplode in tutta la sua violenza devastatrice viene ordinato da Parigi di chiudere la città con un cordone sanitario, al fine di limitare il contagio. Nella città separata dal mondo, dove si muore nell'orrore della peste e dove tutto manca, dal cibo agli affetti, uomini col senso del dovere si impegnano rischiando la propria vita per aiutare i malati. Nelle infermerie improvvisate entro le scuole ormai chiuse prestano per ore e ore al giorno il proprio lavoro Rieux e Castel, aiutati da altri personaggi quali Jean Tarrou, giramondo bloccato ad Orano dal cordone sanitario, che istituisce un corpo di volontari per aiutare malati e medici, o Raymond Rambert, un giovane giornalista francese che cerca a lungo di evadere per ricongiungersi alla donna che ama, ma che quando avrebbe l'occasione decide di restare. Sullo sfondo si snodano le storie di altre figure, quali il vecchio impiegato Joseph Grand, alle prese con la stesura di un'opera letteraria, il bizzarro commerciante Cottard, che dopo aver fallito il suicidio si arricchisce lucrando sulla carenza di beni di consumo e il padre gesuita Paneloux, che nelle sue prediche risalta la peste quale flagello mandato da Dio per punire gli uomini delle proprie colpe. Tra chi ostenta ricchezza, tra chi cerca di approfittare del dramma, tra chi si vede strappare un familiare, tra chi spera in una fine dell'epidemia e chi invece pare ormai rassegnato alla tragedia, il flagello della peste pare non finire mai, anzi degenera nella forma polmonare. Fino all'arrivo di un siero. |
Il mio Commento |
Il tema dell'epidemia di peste, con le sue ricadute sul genere umano, è comparso più volte nella storia della letteratura. Lucrezio da buon scienziato, nel suo "De Rerum Natura", ne da una descrizione fra l'atroce e il disincantato. Manzoni, nei promessi sposi, ne fa il teatro di una umanità composita, con le sue grandezze e le sue iniquità. In entrambi i casi, quello di Lucrezio e quello di Manzoni, la peste diventa il nucleo interno di una vicenda, di un'opera più composita. Con Camus la peste diventa un evento a sé stante: il luogo e il tempo di un cataclisma storico e umano da indagare in tutte le sue complesse sfumature.
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Qualche |
"Dando troppa importanza alle buone azioni, si finisce col rendere un omaggio indiretto al male: allora, infatti, si lascia supporre che le buone azioni non hanno pregio che in quanto sono rare e che la malvagità e l'indifferenza determinano assai frequentemente le azioni degli uomini". "Ci sono negli uomini più cose da ammirare che da disprezzare".
"Quando scoppia una guerra la gente dice: - Non durerà, è cosa troppo stupida". E non vi è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare". "Il gran desiderio d'un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell'assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento". |
Scheda libro |
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