L'ente ideale e il Comune Unico come occasione di riassetto.

Articolo segnalato su ForumPA

 

Dopo gli elementi introdotti nel precedente articolo, questa ulteriore riflessione si pone l'obiettivo di delineare il "Comune ideale". Si è detto che la fusione, obbligando di fatto le amministrazioni a ripensare se stesse in maniera complessiva, costituisce una occasione preziosa per orientare la macchina organizzativa verso modelli operativi che sappiano dimostrarsi all'altezza dei tempi. Aleggia la percezione che la società chiede all'amministrazione locale uno sforzo di ammodernamento e ci si domanda spesso cosa fare e come cambiare. Le risposte a questi interrogativi, anche prescindendo dalla libera iniziativa della politica locale, provengono inequivocabilmente dalla spinta normativa in atto. E' sufficiente guardare con attenzione alle radicali modificazioni introdotte negli ultimi quindici anni, per intravedere un percorso che lascia scarso margine all'interpretazione. Proviamo a riflettere brevemente sugli interventi più significativi.

Il D. Lgs. 286/1999 "Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59" si applica alle sole amministrazioni statali, mentre rimane facoltativo per le Regioni, gli Enti Locali e le Camere di Commercio e introduce il tema del controllo di gestione come strumento irrinunciabile al fine di ottemperare agli obblighi della PA individuati nella Costituzione Repubblicana. L'art. 97 comma 1 della "carta", contiene precisi vincoli di efficienza nell'organizzazione della macchina pubblica in relazione alle sue finalità. Scrive Hinna [1] in "Evoluzione dei controlli interni della PA": "Negli anni novanta nuovi strumenti per la gestione vengono introdotti per norma [...]. La nuova cultura del controllo crea nuova domanda di controllo, nuova domanda di controllo crea nuovo management e così, in una giostra in cui norme, esigenze e strumenti e managerialità si rincorrono, si sta via via definendo una nuova fisionomia della struttura della Pubblica Amministrazione". L'intervento normativo in questione "si caratterizza per una forte connotazione di cultura economico aziendale che sembra porre in secondo piano quella giuridico - amministrativa che aveva dominato incontrastata fino a tutti gli anni ottanta". 

Il TUEL 267/2000 "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" estende progressivamente all'ambito degli enti territoriali i principi cardine introdotti nel citato D. Lgs. 286/1999 con riferimento alla sola amministrazione centrale. L'intervento normativo investe pesantemente la sfera ordinamentale, individuando nello Statuto lo strumento di legame fra l'ente e le peculiarità del territorio amministrato. "Il contenuto obbligatorio, [oggetto di normazione stutaria], riguarda: le attribuzioni degli organi, le forme di garanzia di partecipazione delle minoranze, l'ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici, le forme di collaborazione tra Comune e Provincia, gli istituti di partecipazione popolare, le forme di decentramento , le modalità di accesso alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi" [2]. Questo aspetto delinea con precisione la volontà di spingere la PA locale nella direzione di una più forte interazione con le rispettive comunità. Ma è nell'obbigo di introdurre un adeguato sistema di controlli interni (Regolarità contabile e amministrativa e di gestione) che tale volontà si struttura in precisi moduli di tipo organizzativo. Va rilevato che la norma investe degli obblighi suddetti solamente gli enti di maggiori dimensioni; e se è vero da un lato  che il sistema di gestione nel suo complesso appare ancora scarsamente focalizzato sugli aspetti strategici va riconosciuto, dall'altro, lo sforzo compiuto dal legislatore di orientare al risultato i nuovi processi gestionali che, in embrione, cominciano ad orientarsi verso la logica del Pianificare, Operare, Verificare, Correggere (PDCA).

Con il D. Lgs. 150/2009 "Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni", viene introdotto il concetto di performance: e cioè l'idea che gli obiettivi scaturiti dalla strategia dell'amministrazione debbano essere misurati in maniera oggettiva, monitorati con continuità e che l'esito delle misurazioni sia reso noto pubblicamente tramite i canali di informazione delle amministrazioni. Non solo. Con la norma in questione il legislatore compie un ulteriore passo in avanti: il sistema delle premialità e delle progressioni del personale dipendente e dei dirigenti viene direttamente legato alle dinamiche della performance.