L'ente ideale e il Comune Unico come occasione di riassetto.

Gli input provenienti dai processi di concertazione/partecipazione confluiscono in quello di Pianificazione Strategica nel quale l'amministrazione, sulla base di tali input, elabora un piano di lungo periodo dove vengono dettagliati gli obiettivi da conseguire e le fasi temporali entro cui ciascuno di essi deve essere raggiunto. Il piano strategico è, di fatto, il progetto di convivenza: un documento da cui si evincono i soggetti interessati, il modello di sviluppo che tali soggetti hanno individuato, il ruolo di ciascuno di essi nella sua realizzazione e, infine, chi fa cosa, come e in quali tempi.

Nell'ambito del processo di pianificazione strategica viene elaborato un vero e proprio deployment degli obiettivi. Entrare nel dettaglio di cosa sia un deployment ci porterebbe troppo lontano dal core del nostro ragionamento. Ci basti sapere, qui, che si tratta di una procedura complessa, nell'ambito della quele ciascun obiettivo strategico viene scomposto in sotto-obiettivi di livello più basso, maggiormente focalizzati per settore operativo. Se, ad esempio, un obiettivo strategico dell'amministrazione comunale fosse l'incremento del livello occupazionale dei propri abitanti, è prevedibile che un sub-obiettivo derivato potrebbe essere l'innalzamento della qualità dei servizi alle imprese; di qui la necessità di individuare ulteriori sub-obiettivi e, per ciascuno di essi, uno o più indicatori misurabili in grado di monitorarne l'andamento. E' evidente che ogni obiettivo strategico implica obiettivi operativi che in genere si spalmano su tutte, o quasi tutte le funzioni. Effettuare un deployment significa esattamente questo: scomporre ogni "linea" della strategia in un complesso di obiettivi stringenti dettagliati per aree funzionali e settori operativi.

Con questi ulteriori elementi si delinea, in modo ancora più nitido, la fisionomia di un ente radicalmente diverso da quello storicamente codificato. I processi operativi, ovvero i servizi, venivano generalmente letti e interpretati come il fine dell'attività istituzionale: perseguire l'efficacia di servizio in ottemperanza alle aspettative (diritti) dei cittadini. Non che questa logica abbia perso di validità nella nostra "lettura", essa va solo ricollocata all'interno di un orizzonte più ampio. Il nuovo Comune ha come fine la crescita equilibrata della comunità e i servizi che eroga, essi stessi fine nel vecchio concetto di PA, divengono oggi uno strumento di crescita. E dunque gli output del Sistema di Gestione debbono essere "prelevati" all'uscita e misurati per tramite di opportuni indicatori. Tali indicatori entrano, come input, nel Sistema di Gestione della Qualità. Anche qui senza entrare nel merito, e semplificando molto, diremo semplicemente che gestire la qualità significa verificare che gli standard di servizio raggiunti corrispondano a quelli effettivamente richiesti, e laddove questo non accada, si opera, attraverso il Sistema di Controllo, ad effettuare gli opportuni correttivi affinché la gestione riprenda correttamente ad "inseguire" gli obiettivi operativi e quelli strategici. Detto questo, diviene palese come tutto il sistema di gestione ispira i propri meccanismi di funzionamento alla logica virtuosa del PDCA. Comune e Stakeholders pianificano (Plan), la struttura "fa" in coerenza con gli obiettivi pianificati (Do), il Sistema di Gestione della Qualità effettua la verifica di congruenza obiettivi-risultati (Check) e il Sistema di Controllo, infine, agisce ad implementare le necessarie modifiche di "rotta"(Action).

Quanto detto non necessita di essere implementato da zero: sono molteplici i modelli più o meno liberamente ispirati al PDCA (CWQC - BSC - ISO 9001:2008) così come le esperienze che su questo terreno sono state condotte in ambito pubblico. Quello che è chiaro, tuttavia, è che la costruzione di una PA a immagine dei bisogni del cittadino richiede grande coraggio. Il coraggio dell'investimento in primis. Quello delineato è un sistema che ha bisogno di strutture organizzative dedicate, da collocarsi in posizione di staff con un forte potere decisionale nei confronti del resto dell'organigramma. Serviranno nuove risorse dunque, soprattutto umane, ed è prevedibile che in un simile processo di riorganizzazione una parte dell'organigramma tradizionale possa sentirsi ridimensionato. Qui occorrerà il coraggio della fermezza. Ci si domanderà come e dove acquisire le ulteriori risorse necessarie all'implementazione del Sistema di Pianificazione e Controllo. La risposta non può che essere - attingendo alle risorse disponibili - rimodulando cioè gli assetti alla luce delle economie derivanti dalla fusione. Ecco perché la fusione è preziosa: non solo e non tanto perché ti "mette in tasca" i quattrini dei contributi nazionali e regionali, ma soprattutto perché costituisce una occasione unica di ripensamento della filosofia, della logica e delle modalità operative con cui il Comune si muove nella comunità di cui è espressione. Occorre coraggio però ... il coraggio del cambiamento. La sfida è aperta!