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Le lumache che vivono nel prato chiamato Paese del Dente di Leone, sotto la frondosa pianta del calicanto, sono abituate a condurre una vita lenta e silenziosa, a nascondersi dallo sguardo avido degli altri animali, e a chiamarsi tra loro semplicemente "lumaca". Una di loro, però, trova ingiusto non avere un nome, e soprattutto è curiosa di scoprire le ragioni della lentezza. Per questo, nonostante la disapprovazione delle compagne, intraprende un viaggio che la porterà a conoscere un gufo malinconico e una saggia tartaruga, a comprendere il valore della memoria e la vera natura del coraggio, e a guidare le compagne in un'avventura ardita verso la libertà.

Serve l'incoscienza della gioventù per porsi domande che nessuno ha mai immaginato. In questo brevissimo racconto Sepulveda disegna i tratti di una ribellione costruttiva. Li incardina nel profilo di una giovane lumaca che si mette in testa di capire le ragioni della propria lentezza. Come spesso accade ai rivoluzionari, in questa ostinata determinazione la lumaca "ribelle" entra in rotta di collisione con il proprio gruppo di appartenenza e se ne allontana per dare risposta alle proprie domande. Tornerà qualche tempo dopo con alcune scomode verità acquisite proprio grazie alla proverbiale lentezza del suo essere lumaca. Ma le "verità" incontrano sempre attegiamenti contrastanti: i ribelli sono amati alla follia oppure odiati come nessuno. La comunità delle lumache si divide e i dissidenti rinvengono una insperata terra promessa.

Un libro leggero e intenso, che si legge con l'innocenza di un bambino e con la perspicacia di un adulto. Una lezione sull'importanza della ricerca. Un "manuale" che si applica alla vita del singolo così come a quella delle comunità e che indica la via del coraggio quale strumento irrinunciabile della crescita.

"... gli argomenti della lumaca che voleva conoscere i motivi della lentezza non risvegliavano grande interesse nelle altre lumache. Mormoravano fra loro che le cose andavano bene così, che bastava sapere il nome del calicanto, del dente di leone, dello scoiattolo e della gazza, del prato che chiamavano Paese del Dente di leone e sostenevano di non aver bisogno di altro per essere felici...".

"La tartaruga avvertì il turbamento della lumaca e con la sua calma imperturbabile le spiegò che la striscia scura si chiamava strada o via, che i grandi animali accanto agli umani si chiamavano macchine e l'ombra densa e pessante che sputavano si chiamava asfalto. Gli umani non avevano l'abitudine di muoversi a piedi, era un sistema troppo lento per loro e preferivano usare animali di metallo che, più erano rapidi, più suscitavano ammirazione e invidia".

"In questo viaggio [...] ho imparato l'importanza della lentezza e, adesso, ho imparato che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi".

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