Unioni e fusioni. Riflessioni a margine.

Il dibattito di questi giorni, che ha riguardato i processi di fusione che potrebbero innescarsi nei prossimi mesi interessando a geometria variabile i vari comuni della Montagna, racchiude aspetti vitali per il nostro territorio e merita alcune puntualizzazioni che ritengo doveroso condividere dalla mia posizione di Sindaco.

Prima di ogni altra cosa ritengo di dover sottolineare che sono un fautore delle fusioni da sempre (Vedi Link). A consuntivo della mia prima esperienza amministrativa, nel lontano 2004, già sognavo una Montagna coesa, capace di autorappresentarsi con forza e di mettere a sistema le proprie risorse in un progetto di rilancio complessivo. Lo so, quelli della cosiddetta "Montagna Alta" penseranno alla solita volontà di annessione mascherata da buonismo. Va be' ... ognuno è libero di pensarla come vuole. Io in genere provo a fare i conti con la mia coscienza, e quella mi conferma la bontà dei miei intendimenti nei riguardi di tutti, e sottolineo tutti, i cittadini di questo territorio.

Per questo motivo la fusione va pensata a quattro. Ma non solo per questo. I processi di riordino istituzionale in corso lasciano intravedere un panorama di grande incertezza per le piccole realtà. Le province andranno a sparire, e con loro sparirà il ruolo di riequilibrio che hanno sempre esercitato. La "massa critica" dei comuni nascenti sarà fondamentale per non sparire in una sorta di anonimato profondo. Non ci facciamo illusioni: un comune di diecimila abitanti sarà ancora un piccolo comune nella geografia istituzionale del terzo millennio.

Altro aspetto importante la questione dei costi di servizio e le economie di scala. Recenti studi (Vedi Link), condotti in varie Università italiane, mostrano un progressivo decremento dei costi pro capite di erogazione dei servizi man mano che le dimensioni dei comuni vanno crescendo. La curva "si adagia" su un punto di minimo assoluto in concomitanza con dimensioni demografiche fra i 10.000/15.000 abitanti, dimensioni esatte cui corrisponderebbe la somma degli abitanti degli attuali comuni di Abetone, Cutigliano, Piteglio e San Marcello.

Ulteriore elemento di attenzione è la capacità progettuale e l'orientamento al cittadino. E' del tutto evidente che in epoca di risorse scarse il ruolo di un ente locale efficace si gioca anche e soprattutto sul terreno della capacità di costruire forti sinergie con la comunità che rappresenta. Un comune che funziona costruisce il futuro di concerto con i soggetti che operano sul territorio. Non si limita a vigilare e normare, ma opera come cabina di regia nel complesso di un sistema di sinergie che possono e debbono essere attivate sui territori. Per fare questo occorre ripensare in profondità le strutture organizzative (Vedi Link). Bisogna attingere ad un bacino di personale entro cui recuperare i margini per un riassetto vero. Serve personale che pensi, che progetti, che intrattenga con continuità rapporti stretti con la comunità rappresentata, che sappia sincronizzarsi con quella comunità, che individui una rotta e che sia capace di misurarsi sul terreno della propria capacità di raggiungimento di obiettivi stringenti, fissati in un piano strategico. E' del tutto evidente che una riorganizzazione di questo tipo può essere modulata solo se si attinge a tutto il sistema di personale dei quattro comuni della Montagna e non ad una parte di esso.

Va da sé che la competitività fra territori la si governa solo mettendo in campo una forte capacità di integrazione fra le specificità. Occorre pensare le diversità in un sistema integrato. Solo così si regge l'impatto con economie sempre più delocalizzate e agguerrite. Ecco che il bianco deve alimentarsi del verde e viceversa perché ciascuno, con le proprie esclusive energie, non ha più la forza per reggersi da solo.

Con questi "ingredienti" di base credo sia ovvio che il comune unico a quattro non rappresenta, nei miei intendimenti, una bandierina da sventolare, ma una opzione di sopravvivenza, un progetto strategico vero per la Montagna Pistoiese.

In termini generali l'esito delle ultime elezioni amministrative aveva gettato le basi per il "decollo" del progetto. Conoscevo la contrarietà di Abetone e Cutigliano nei riguardi delle fusioni ma immaginavo che un periodo di pacifica e proficua convivenza all'interno dell'Unione, potesse convincere tutti della fattibilità del percorso. Non solo. L'Unione poteva diventare il luogo dove iniziare a modulare i livelli organizzativi delle amministrazionii della Montagna secondo la logica sopra delineata e, al contempo, dove costruire una traiettoria programmatica che, per dispiegarsi completamente, aveva bisogno di vedere la convergenza dei processi amministrativi dei singoli comuni verso l'Unione.  Ebbene... così non è stato. La fuga in avanti della "Montagna Alta" ha impresso una accelerazione al dibattito sulle fusioni che, se da un lato viene spesa come avanguardistica, dall'altro mette a nudo la volontà di mantenere inalterata una autonomia decisionale rivendicata come valore.

I comuni neo-fusi, oltre a beneficiare di contributi importanti, si mettono al coperto per cinque anni dalla gestione associata delle funzioni, ed è questo, a detta del Sindaco di Abetone, il valore aggiunto più alto del percorso di fusione in coppia con Cutigliano. Le dichiarazioni ascoltate, e fatte rimbalzare a più riprese sulla stampa, lasciano chiaramente intendere che il processo innescato ha il sapore di una fuga dall'Unione che, a detta dei Sindaci di Abetone e Cutigliano, sarebbe costosa e poco funzionale.

Anche su questo è bene che il mio pensiero sia chiaro (Vedi Link): le Unioni sono "macchine infernali", per loro natura costose, perché si alimentano delle risorse dei comuni e perché "pretendono" di superare i comuni senza fare i conti con la forza elettorale di cui i comun stessi sono emanazione diretta. L'unico modo per farle funzionare è che i Sindaci dei comuni aderenti deleghino pienamente e completamente la loro sovranità e che, con lo stesso spirito ecumenico, mettano a disposizioni i loro singoli bilanci per apririsi "al bene" di una comunità più larga. Auguri!

E' del tutto evidente che una Unione come la nostra, nel quadro che si va delineando, con comuni che avranno la facoltà e non l'obbligo di starci dentro, si profila come strutturalmente debole dal punto di vista organizzativo. Rimane il suo valore in termini di coordinamento politico e di contenitore preposto ad accogliere funzioni che andranno presumibilmente staccandosi dalle province prima della loro definitiva estinzione. Non solo. Il possibile, auspicabile ingresso dei comuni limitrofi, solo parzialmente montani, ne farebbe uno strumento progettuale prezioso, oltre che la cabina di regia preposta ad immaginare un ridisegno dei confini amministrativi che ormai ritengo quasi improcrastinabile.

Dopodiché le fusioni, qualunque comune mettano insieme e qualunque percorso seguano, rappresentano un valore aggiunto. Ma questo è altra cosa. Nel mondo circoscritto che ci troviamo a rappresentare, la mini fusione di Abetone e Cutigliano, pur spesa mediaticamente come una operazione altamente innovativa è e rimane, secondo me, una "manovra" di corto respiro, divisiva della Montagna, orientata ad una visione chiusa e asfittica di un territorio che, nonostante l'appellativo che si porta dietro di "locomotiva economica", manifesta oggi le stesse difficoltà del tessuto che la circonda e che da sola ne uscirà, forse, solo a costo di gravi difficoltà. Diceva Don Milani: "Ho imparato che il tuo problema è anche il mio, uscirne insieme è la politica uscirne da soli l'egoismo". Al lettore l'onere di cercare dove sia.