Pellet. Dalle stalle alle stelle.

 

Un emendamento del Governo alla manovra ha apportato un incremento notevole all'aliquota iva applicata al pellet che passa dal 10 al 22 per cento. Si stima che l'incremento medio annuo per famiglia consumatrice di pellet sarà di cinquanta euro e che il gettito corrisondente, per l'erario, incrementerà di 96 milioni di euro all'anno.

La misura preoccupa. Preoccupa perché negli ultimi anni molte famiglie hanno installato sistemi di riscaldamento a pellet proprio per le condizioni di vantaggio che l'uso di questo combustibile comportava. Queste famiglie si vedono oggi penalizzate da un ulteriore incremento degli oneri fiscali che si aggiungono a quelli scaturiti dall'arrivo di nuovi tributi locali, come la tasi, cui i Comuni sono costretti a ricorrere per far fronte alla contrazione delle risorse provenienti dallo Stato Centrale e diretti alla finanza locale.

L'analisi, tuttavia, non può fermarsi ai soli effetti prodotti dalla misura sul consumatore finale. E' evidente che il mercato del pellet si alimenta dell'attività di una miriade di piccole imprese che insistono nelle aree montane e che da oggi vedranno contrarsi il mercato potenziale. La vita, sulle nostre montagne, è già abbastanza difficile per una miriade di motivi che ben conosciamo. Le imprese fanno una fatica doppia a cercare di mantenersi vive e vitali e provvedimenti come questo, certamente, non aiutano.

Come Comuni montani dovremo attrezzarci. Dobbiamo far sentire forte la nostra voce. E' auspicabile la messa a punto di un ordine del giorno, da concordarsi con UNCEM e da portare in approvazione nei Consigli dei Comuni montani che metta in evidenza l'iniquità e il danno potenziale del provvedimento sulla già disastrata economia montana. Dopodiché, se la misura dovesse confermarsi, sarebbe quantomeno opportuno che i 96 milioni di gettito ritornassero alla Montagna, magari alimentando il Fondo omonimo ormai ridotto a zero da anni.