L'annosa questione dei BIM. Un punto a oggi.

Ci sono notizie, come quelle comparse sulla stampa di questi giorni, che non rendono minimamente giustizia all'articolazione e alla complessità delle cose. D'altronde è vero che l'informazione, e la politica forse di più, hanno bisogno di pronunciarsi per slogan, in un carattere tipicamente rapsodico che fa il paio con una società che spesso, troppo spesso, ha perso il gusto dell'approfondimento e della conoscenza vera.

 

 

Ebbene i BIM, acronimo che sta per Bacini Imbriferi Montani. Uno strumento istituito nel lontano 1953 con Legge dello Stato: la 959 e, insieme, una delle materie più complesse che mi sia capitato di masticare nella mia vita di amministratore. La legge istituisce una contribuzione economica, che scaturisce dalle derivazioni idriche che alimentano le centrali idroelettriche, che i produttori sono obbligati a versare alle comunità locali. Si tratta di uno dei pochi casi in cui la politica nazionale ha correttamente declinato il concetto di servizi ecosistemici, ovvero "restituire alla montagna quello che la montagna dà". Dovrebbe valere per un miliardo di altre cose: l'acqua, l'aria, la tutela del territorio ... Già. Ma questa è un'altra storia.