Festa della Repubblica. Sul valore della democrazia

Buonasera a tutti,

ringrazio le Autorità civili e militari, le associazioni che ispirano la loro attività ai valori fondanti della resistenza e tutti Voi per la vostra presenza nel giorno del settantaquattresimo anniversario della Repubblica, affermatasi a prezzo degli eccidi nazi-fascisti che si sono consumati nei nostri borghi così come in tanti luoghi di questa nostra Italia, del contributo generoso delle forze di liberazione, dell'eroismo dei partigiani.

Nello sforzo che abbiamo fatto in questi anni per restituire alla memoria di tutti, gli eventi che insanguinarono allora la nostra terra, vogliamo far correre i nostri pensieri verso i tanti che da quel sangue, consapevolmente, vollero trarre il seme della libertà. Non per vendetta, ma per robusta convinzione morale.
 
Da quest'anno, e per gli anni che verranno, in occasione del 2 giugno vogliamo lanciare, ancora e più convintamente, il seme del ricordo, che vorremmo continuasse a generarsi e rigenerarsi, anno dopo anno, a imperitura memoria di chi perse la vita, direttamente o indirettamente, in una lotta che, con tutte le sue contraddizioni, sarebbe stata la corrente sorgiva dei valori fondanti della nascente Repubblica Italiana. La Festa della Repubblica di quest'anno è il pretesto per rivolgere un sentito ringraziamento alle forze dell'ordine. Tutte. Qui fra noi quest'oggi nei corpi dell'arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco. Architravi robusti a presidio della tenuta del sistema democratico. La Festa della Repubblica di quest'anno è l'occasione per raccontare una serie di eventi che ci accompagneranno fino a settembre.
 
San Marcello Piteglio racchiude una terra che ha dato un contributo enorme al processo di costruzione della democrazia e delle istituzioni repubblicane. Sul pacoscenico di questi monti hanno combattuto i partigiani, uomini intrisi di valori ideali, che hanno lottato fino alla morte affinché si affermassero i valori della libera convivenza democratica. Al loro fianco l'esercito di liberazione, gli alleati, strappati ai loro paesi e agli affetti più cari per essere scaraventati sul fronte di una guerra assurda e fratricida. Sullo sfondo, avvinti in un silenzioso spirito libertario, i civili: le forze sane del paese e delle comunità locali, gente senza fucili né divise. Persone, queste, che comunque non si risparmiarono. Impegnati nel rifornimento dei partigiani, nella raccolta e nella diffusione di informazioni strategiche per i combattenti, nell'accoglienza dei perseguitati, tutte operazioni semplici, apparentemente alla portata, ma che esponevano i protagonisti al rischio della propria vita. Fra loro e con loro i civili ignari, trucidati barbaramente, risucchiati da una furia omicida senza precedenti e al limite dell'inspiegabile.

Resistenza combattente, esercito di liberazione e impegno civile furono le correnti che condussero alla Repubblica, gli architravi del processo democratico: i tre volti della libertà. Nella memoria e nel sacro rispetto di questa triplice corrente, sorgiva del pensiero democratico, sono nate spontaneamente dal territorio e nel territorio, una serie di iniziative a tema "Resistenza, Liberazione, Repubblica e Democrazia" che occuperanno il lasso temporale ricompreso fra giugno e settembre 2018. Il Comune ha voluto riconoscerle e sposarle ricucendole in una trama unica. Nell'ordito narrativo, che scaturisce dal complesso degli eventi in calendario si celebrano, più o meno direttamente, l'impegno della Brigata Bozzi nei cruenti combattimenti che si produssero nella foresta del Teso, il contributo della decima divisione da montagna dell'esercito americano, di stanza a Prunetta, nei mesi immediatamente precedenti la liberazione, il coraggio e il sacrificio dei civili caduti sotto il fuoco delle armi nemiche. A cucire il tutto la Marcia della Pace, un viaggio simbolico da Marzabotto a Sant'Anna di Stazzema passando per Maresca, il Poggiolino, Prunetta e Calamecca.

Le tre correnti di questo cammino, intriso di eroismi e sacrifici, si ricongiungono a La Lima, attorno ai resti dell'antico Ponte Ximeniano, fatto esplodere dai nazisti nel settembre del 1945 durante la ritirata. In quei resti, la testimonianza ammutolita dell'atrocità di ogni conflitto e, insieme, la metafora di quello che vorremmo per noi e per i nostri figli: un Ponte di Pace, solidamente ancorato alla memoria ma proteso, fra democrazia e libertà, in una spinta verso la pacificazione dell'uomo con se stesso, con la storia, con la natura.

Lo facciamo per il sentimento di inestinguibile gratitudine che proviamo nei loro confronti degli eroi che ci hanno condotti alla magnifica architettura libertaria che accompagna, oggi, i nostri giorni. I settantaquattro anni vissuti, infatti, dal nostro Paese e dall’Europa occidentale, per quanto siano stati difficili e non privi di ombre, sono stati, ciò nondimeno, anni di pace e sono stati vissuti nella democrazia solo grazie alle scelte coraggiose e lungimiranti compiute allora. Furono la generosità e la responsabilità di quelle classi dirigenti italiane ed europee, forgiatesi nella Resistenza contro il nazifascismo, a consentire un destino di liberi ed eguali a coloro che, ancora non nati, avrebbero avuto il privilegio di ereditare il loro lascito.
 
Evocare in questa piazza i nomi degli uomini, delle donne, dei bambini morti in quel delirio di violenza e di barbarie, significa sentire vicinissime a noi le loro paure, ma soprattutto le speranze in un mondo migliore, forgiato a immagine della libertà, del rispetto e della democrazia.
 
Il pensiero più fecondo della Resistenza ha consentito l’avvio del processo di integrazione europea. Stati e popoli che, per secoli, si erano combattuti sanguinosamente e, di nuovo, nel secolo scorso, a distanza di vent’anni, si trucidarono in due fratricide guerre mondiali, hanno saputo non solo costruire stabili basi per una pace duratura, ma hanno anche avuto la saggezza di immaginare e praticare una crescente collaborazione nel nome della autodeterminazione di tutti i popoli, della emancipazione individuale e collettiva, del progresso e della civiltà per il mondo intero. È in omaggio alla verità e alla memoria di quelle donne e di quegli uomini che non possiamo in alcun modo, oggi, nascondere a noi stessi che quell’orizzonte di futuro appare, e forse davvero è, qui ed ora, gravemente compromesso da paure e pregiudizi diffusi. Questi sentimenti, lo smarrimento e il disagio di molti, trovano alimento anche nel discredito diffuso di cui sono oggetto le istituzioni europee, causato principalmente dalla loro strutturale carenza di democrazia e dalla paralisi ingenerata dal faticoso svolgersi di relazioni intergovernative, troppo spesso afflitte da sterili conservatorismi. Gli esseri umani sono intimamente imperfetti e il governo di quelle imperfezioni richiede fatica, pazienza, abnegazione, sacrificio, attenzione maniacale all'equilibrio fra i poteri. In una parola Democrazia.
 
E la democrazia è un cammino contraddittorio, lungo e difficile, perché richiede di misurarsi in un cimento politico e culturale che abbia un respiro lungo; ed è proprio per questo che v’è bisogno di donne e uomini i quali non abbassino il loro sguardo sul presente, ma lo elevino, con fiducia e con convinzione, verso un orizzonte di possibilità nuove per tutti gli umani.
 
Un secolo e mezzo dopo la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, il cui primo articolo affermava solennemente, per la prima volta, la verità elementare, e pur tuttavia rivoluzionaria, che «gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti», l’Europa ebbe a sperimentare la più atroce e terribile violazione dei principi illuministici del 1789 ed anche in Italia, ignominiosamente, dovemmo conoscere, nel 1938, l’aberrazione e l’abominio delle legge razziali. Italiani, tra altri italiani, videro negati i loro diritti fondamentali e la loro dignità in ragione della propria religione, delle proprie idee, della propria storia personale e familiare. Si fomentarono allora gli istinti peggiori di una popolazione affaticata e affamata, introducendo via via nel linguaggio pubblico parole di odio, discriminazione ed intolleranza, fino inevitabilmente a negare il riconoscimento dell’umanità stessa a chi veniva additato come diverso.
 
Si trattò di una consapevole e deliberata, lenta, ma costante instillazione di sentimenti xenofobi che, già molti anni prima della guerra, erano penetrati nella vita quotidiana delle persone, senza suscitare l’indignazione diffusa e militante che avrebbero meritato, se non in coloro di cui ancora oggi rievochiamo l’esempio.
 
Si tratta allora di essere esigenti con noi stessi, ancor prima che con gli altri, perché, come scrisse, concludendo le sue città invisibili, Italo Calvino, ciò che «è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui» è esattamente il «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
 
Accoratamente, concludendo il saluto all’Assemblea Costituente che l’aveva appena eletto presidente, Giuseppe Saragat formulava un appello che sentiamo ancor nostro, rivolto anche a noi, ancora oggi: «Per diradare la grigia penombra da cui siamo circondati, leviamo sempre più alta la fiamma della libertà e della giustizia. Alla sua vivida luce noi scorgeremo, sino ai limiti del più lontano orizzonte, la strada per cui si avvia la Patria risorta. È un cammino aspro, irto di ostacoli, ma che sale verso libere altezze».
 
Di quella luce si alimenta la memoria, la nostra memoria, il senso profondo dell'educare le giovani generazioni a non abbassare mai la guardia. Perché "la peste", come scrisse Albert Camus nel celebre romanzo omonimo, che è una magistrale metafora della devastazione del nazi - fascismo, "rimane acquattata nei cassetti e sotto le lenzuola" e solo chi ha piena consapevolezza del suo essere nefasto, sa bene che lei, la peste, potrebbe tornare, in ogni momento, a far morire i suoi topi in un mondo apparentemente felice.
 
È un cammino difficile e necessario, quello dell'impegno, del ricordo, dell'educazione, un cammino lungo il quale siamo ancora chiamati, e sempre più lo saremo in futuro, ad edificare e ad accompagnare, sempre di nuovo, la Repubblica. Per noi stessi. Per i nostri figli. Buona serata a tutti. Viva il Comune di San Marcello Piteglio libero! Viva la Repubblica, democratica ed antifascista!