Analisi degli indici di prezzo al consumo con particolare riferimento al prezzo dei generi di prima necessità

PREMESSA

 

1.1 Oggetto dello studio.

Oggetto del presente elaborato è l’indice nazionale dei prezzi al consumo dei generi alimentari relativi al periodo terminale degli anni 2000 careatterizzati da una forte impennata dei costi del greggio. Si è scelto di “imperniare” lo studio proprio sui generi di prima necessità nella convinzione che i relativi indici di prezzo possano rappresentare uno strumento prezioso per capire, attraverso la correlazione con altre variabili di cui parleremo, i meccanismi che stanno alla base delle dinamiche inflattive. Estendendo ulteriormente l’analisi si possono anche “azzardare” valutazioni sul legame tra oscillazione dei prezzi (dei beni di prima necessità) e contrazione della capacità di spesa dei consumatori. Appare inoltre del tutto evidente, ponendosi nell’ottica di un ipotetico operatore economico che agisca nel settore, l’importanza di prevedere gli andamenti futuri dell’indice dei prezzi al consumo soprattutto per dimensionare eventuali investimenti che si rendano necessari nella prosecuzione dell’attività. E’ questo un ulteriore sforzo che è stato compiuto nella redazione del lavoro.

 

1.2 Le variabili di analisi

Come si è detto lo studio risulta incentrato attorno all’indice dei prezzi al consumo e alla sua evoluzione nel periodo compreso fra il gennaio 2002 e il novembre 2007. Quali ulteriori variabili di analisi si sono poi scelti gli indici relativi ai prezzi per l’acquisizione di beni e servizi da parte del settore dell’agricoltura, quelli praticati dal medesimo settore agricolo in fase di vendita, nonché gli indici di prezzo dei prodotti industriali (alla fonte) e del greggio.

Si era altresì intenzionati a stabilire una correlazione organica fra la progressiva lievitazione dei prezzi al consumo e le eventuali dinamiche di espansione-contrazione della capacità di spesa dei cittadini italiani. Purtroppo l’estrema frammentarietà dei dati relativi al consumo disponibili nel sito web dell’ISTAT e anche del CENSIS, ha reso impossibile una analisi pienamente esaustiva in questa direzione. Si è ovviato, anche se solo in misura parziale al problema, scegliendo alcuni indici che possono essere considerati espressione di un maggiore o minore disagio economico e quindi di una contratta o espansa capacità di spesa. Fra di essi il tasso di occupazione della popolazione attiva, l’indice di povertà e le spese percentuali destinate alla cultura e alle attività ricreative. Vediamo, in sintesi, le principali caratteristiche degli indici menzionati1

 

INDICE PRINCIPALE

Indice nazionale dei prezzi al consumo di generi alimentari e bevande per l’intera collettività (GenAlim): è utilizzato come misura dell’inflazione a livello dell’intero sistema economico; in altre parole considera l’intera collettività nazionale come un corpo unico all’interno del quale possono esistere, va detto per correttezza, abitudini di consumo anche piuttosto differenziate.

 

INDICI SECONDARI

Indice nazionale dei prezzi dei prodotti acquistati dagli agricoltori (AgricPrFont): misura le variazioni dei prezzi dei beni e dei servizi acquistati dagli agricoltori per lo svolgimento della loro attività produttiva.

 

  • Indice nazionale dei prezzi dei prodotti venduti dagli agricoltori (AgricPrProd): si tratta di un indice che misura le oscillazione dei prezzi praticati dagli agricoltori nella vendita dei prodotti provenienti dal settore agricolo come da quello dell’allevamento.
  • Indice nazionale dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali (IndPrProd): fornisce le variazioni nel tempo dei prezzi che si formano nel primo stadio di commercializzazione degli alimentari.
  • Indice nazionale dei prezzi alla produzione del petrolio greggio e del gas naturale (ProdPetro): misura le variazioni di prezzo dei prodotti petroliferi all’uscita del processo di raffinazione industriale.
  • Tasso di occupazione (TassoOccup): descrive la popolazione nazionale occupata sul totale della popolazione in età lavorativa.
  • Indice di povertà (IndicePov): è la percentuale di individui appartenenti alla collettività nazionale che vivono al di sotto della soglia di indigenza.
  • Spesa percentuale per attività culturali e ricreative (SpesaCult): misura le variazioni nazionali della quota percentuale pro capite, sul totale delle spese, che viene destinata ad attività culturali e ricreative.

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1. Le sigle riportate fra parentesi per ogni singolo indicatore sono quelle con cui lo stesso indicatore sarà identificato nei diagrammi e nelle tavole.

 


 

2. ANALISI DELLA SERIE STORICA

2.1 Previsione degli andamenti futuri

La previsione degli andamenti futuri del NIC è duplice perché si basa su due diversi ordini di grandezza della relativa serie storica: uno a base mensile e l’altro a base annuale. Il primo dei due, se da una parte offre la possibilità di un inseguimento molto ravvicinato delle dinamiche della serie e quindi di una previsione più accurata, dall’altra porta in se tutti i limiti di una proiezione temporale che non può superare il mese di tempo e quindi dell’effettiva applicabilità solo ad un orizzonte di breve-medio periodo. Il secondo d’altro canto, se da un lato impone un maggiore margine di approssimazione dall’altro ha il pregio di fornire un dato che può essere efficacemente impiegato nell’ambito di una programmazione di tipo strategico. Va detto che nel caso specifico, trattandosi di indici, e quindi di piccole oscillazioni percentuali per unità di tempo, avremo, per i tradizionali indicatori di “bontà” della previsione (MSE – MAPE), dei valori tendenzialmente bassi. E’ quindi fondamentale, per garantire una effettiva efficacia del modello predittivo, che tali indici siano effettivamente molto contenuti; auspicabilmente al di sotto del punto percentuale. Vediamo i due casi menzionati nel dettaglio.

 

2.1.1 Previsione su base mensile

La serie in questione copre un orizzonte temporale di circa 6 anni (gennaio 2002 – novembre 2007) e coglie le modificazioni dei prezzi dei generi alimentari con cadenza mensile. Anche la sola analisi visiva dell’andamento della serie (Figura a fianco) mostra un chiaro trend di tipo crescente che potrebbe indurre all’utilizzo del metodo dello smorzamento esponenziale con trend. Tuttavia non è escluso che anche la media mobile e lo smorzamento esponenziale possano comunque dare buoni risultati. Si è pertanto effettuato un tentativo di previsione con questi metodi per metterli a confronto sul piano dell’affidabilità.

Il metodo della Media Mobile con finestra temporale pari a 2 produce effettivamente una previsione che è da considerarsi piuttosto buona con MSE 0.61 e MAPE 0.47% entrambi misurati sugli ultimi undici mesi dell’anno 2007. La tecnica dello smorzamento esponenziale, i cui parametri sono stati individuati mediante un algoritmo (scritto per matlab) che minimizza la somma degli scarti quadratici, produce, con alpha pari a 1, un risultato ancora migliore 0.43 e 0.33% rispettivamente per MSE e MAPE. Va comunque rimarcato che tali valori (alpha=1 ed n=2) testimoniano della necessità di modelli estremamente conservativi che impongono di seguire molto da vicino l’andamento della serie.

Il modello che produce i risultati migliori, come ovvio, è il metodo dello smorzamento esponenziale con trend. Anche in questo caso i valori ottimi dei parametri sono stati individuati per mezzo di una funzione matlab appositamente scritta che, con alpha pari a 1 e beta 0.7 fornisce MSE 0.25 e MAPE 0.19%.

Si è infine tentata una previsione basata su un modello tipo AR(2). L’andamento della ACF (sotto a sinistra), che presenta un profilo molto regolare, testimonia della presenza di un trend ma non di una stagionalità. Effettivamente, a conferma di tutto ciò, effettuando una semplice operazione di sottrazione ricorsiva di tipo Ki-K(i-1) si ottiene una buona stazionarietà (sotto a destra).

 

 

 

 

 

 

 

Con tali premesse è possibile costruire un modello del tipo Y = αXi + βX(i-1) + µ che, assegnando i valori α = 1.65 β = -0.65 e µ = 0.15 (valori trovati per tentativi) fornisce un risultato leggermente migliore (MSE = 0.22 MAPE = 0.17%).

 

2.1.2 Previsione su base annua 

Ragionando su base annua è stato sostanzialmente seguito il percorso illustrato al paragrafo precedente. Naturalmente, poiché le oscillazioni unitarie sono più ampie, appare più difficile ottenere previsioni apprezzabilmente buone. I valori di MSE e MAPE per il metodo della media mobile (con n=2) calcolati sull’intera finestra temporale del decennio 1997–2007 sono pari a 3.5 e 2.97%. Si tratta di valori numericamente piuttosto contenuti ma, si torna a ribadire, trattandosi di tassi di crescita e di piccole variazioni percentuali, abbastanza significativi da indurre all’esclusione del metodo.

Con lo smorzamento esponenziale, scegliendo alpha uguale a 1 si ottengono risultati migliori (2.25 per MSE e 1.92% per MAPE) ma comunque al di sotto delle aspettative. Va meglio se si utilizza lo smorzamento esponenziale con trend (Figura sopra). Assumendo sia alpha che beta uguali a 1 si ha MSE uguale a 1.18 e MAPE 1%. Vale la pena di notare in quest’ultimo caso, come l’errore risulti in gran parte localizzato nell’ultimo quadriennio. Sarebbe pertanto più prudente calcolarsi gli indici di affidabilità del modello con riferimento a tale periodo, cosa che non viene fatta dall’algoritmo matlab di cui si è detto. Procedendo per tentativi si è arrivati alla conclusione che, il miglior risultato possibile in tal senso, si ottiene per alpha 0.2 e beta 1. Anche in questo caso, operando con un modello di tipo AR(2) (per α = 1.89, β = -0.89 e µ = 0.8) , si ottiene un risultato lievemente migliore: MSE = 1.15 e MAPE = 0.97%.

In ultima battuta ci si è posti il problema di dover effettuare una previsione di tipo poliennale. Come sappiamo tutti i metodi fin qui utilizzati possono spingersi oltre il presente per non più di una unità temporale. L’unico modo plausibile per effettuare una previsione che superi l’anno appariva dunque quello di immaginare una sequenza arbitraria di unità di tempo segnate da una serie progressiva di numeri naturali (1,2,3,4…..) da utilizzarsi come valori di ascissa di una retta che abbia come ordinata i relativi indici di prezzo. Si trattava dunque di stabilire una relazione biunivoca fra una serie di numeri naturali e una serie di indici; in sostanza una regressione lineare. In tal senso sono stati fatti due tentativi (documentati nella figura sotto):

 

1. Effettuare la regressione sulle prime quattro annualità disponibili 1996 – 99 e calcolare le relative previsioni. Ebbene in questa situazione il risultato è molto deludente. Per l’impennata degli indici di prezzo che si è prodotta dopo l’anno duemila il modello non riesce minimamente a cogliere l’andamento del fenomeno e si produce pertanto un errore medio che è pari a 10.71 e un MAPE del 8.76%.

 

2. Effettuare la regressione sulle prime otto annualità (1996 – 2003). Con questa nuova impostazione i valori previsionali relativi al periodo 2004 – 2007 sono effettivamente molto buoni: 1.06 per MSE e 0.97% per MAPE. Questo risultato suggerisce che, trovandosi nella necessità di effettuare delle previsioni per più di un anno, un buon metodo potrebbe essere quello di ricalcolare di anno in anno la regressione sulle ultime otto annualità e ricavare le previsioni con i coefficienti trovati.

 


 

2.2 ANALISI DI CORRELAZIONE CON GLI INDICI SECONDARI

 

Obiettivo di questa sezione dello studio è duplice:

  • l’individuazione di una possibile correlazione fra variabili diverse che possa fornire informazioni utili sulle cause che stanno alla base delle dinamiche inflattive;
  • la comprensione del rapporto fra incremento dei prezzi e impoverimento della popolazione.

 Analizziamo separatamente i due contesti.

 

2.2.1 Cause plausibili delle dinamiche inflattive

Per verificare se e quanto le oscillazioni di prezzo lungo la catena produttiva degli alimentari possono incidere sul loro prezzo finale si sono incrociati, con gli stessi indici di prezzo al consumo, quelli relativi ai seguenti snodi del processo logistico: acquisto di beni e servizi da parte degli agricoltori, vendita di prodotti da parte degli agricoltori stessi, vendita di prodotti da parte del settore industriale. A questi indici si è aggiunto quello relativo al petrolio greggio e al gas naturale per verificare se la sua corsa al rialzo, che ha caratterizzato soprattutto gli ultimi anni, può in qualche modo aver influenzato i prezzi finali.

L’analisi è stata condotta su base mensile. Per tutte le variabili il periodo di riferimento coincide con le cinque annualità ricompresse fra il 2002 e il 2006.

Il primo passo è stato quello di procedere ad una analisi dei dati secondo il metodo delle componenti principali. Oltretutto nel caso specifico l’applicazione del metodo risulta piuttosto “felice” dal momento che la varianza risulta quasi completamente localizzata nella componente uno (Fig sotto). Preliminarmente si è effettuata una standardizzazione dei dati disponibili sottraendo a ciascuno di essi la media e dividendoli per la deviazione standard. Le cinque componenti vengono analizzate nella loro evoluzione temporale.
Ad ogni mensilità si è dunque associato, anche per ragioni di leggibilità del diagramma (A fianco), un numero progressivo compreso fra 1 (che corrisponde al gennaio 2002) e 60 (dicembre 2006).


Quali informazioni possiamo trarre dalla lettura del grafico? Prima di tutto vediamo che esiste una correlazione piuttosto stretta fra l’indice dei prezzi al consumo e quelli per l’acquisto dei beni da parte degli agricoltori da una parte e i prezzi industriali alla produzione dall’altra.

Una correlazione meno stretta esiste con i prezzi praticati dagli agricoltori per la vendita mentre il prezzo del greggio risulta tendenzialmente scorrelato rispetto alle altre variabili. Molto chiara è l’evoluzione temporale dei prezzi nel quinquennio: i primi diciotto mesi (indicativamente) si caratterizzano per un basso valore di tutti gli indici; nel periodo successivo possiamo evidenziare un lievitare di tutti i prezzi tranne di quelli del greggio.

Dal terzo anno in poi vediamo invece un progressivo aumento dei prezzi del greggio cui si accompagna, nella prima fase, una tendenza alla diminuzione degli altri indici. L’ultimo anno mostra infine un deciso spostamento delle variabili in direzione di un aumento del petrolio e dei sui derivati ed un conseguente aumento anche dei prezzi, alla produzione (in particolare industriale) come al consumo. E’ lecito dunque concludere, anche se in prima approssimazione, che se il prezzo del greggio ha influito relativamente poco sui prezzi al consumo fino al 2005, gli effetti della sua crescita hanno influenzato in modo piuttosto chiaro le dinamiche inflattive degli ultimi anni.

La matrice di seguito riportata e il diagramma di correlazione danno una idea abbastanza precisa delle reciproche relazioni lineari fra le singole variabili.

 

 

Sulla base dei dati disponibili possiamo affermare che il prezzo al consumo dei generi alimentari appare molto influenzato dai prezzi dei beni e dei servizi necessari agli agricoltori così come da quelli praticati alla fonte da parte del settore industriale. Un legame sensibile esiste anche con il prezzo del greggio e del gas naturale che, come appare evidente nel diagramma di correlazione, diventa stretto e marcato nell’ultimo periodo di osservazione.

Stranamente il prezzo praticato dagli agricoltori per la vendita dei prodotti appare del tutto scorrelato rispetto alle altre variabili. Sembra che esso non influenzi minimamente i prezzi finali e che, specularmene, non venga spinto in modo sensibile da nessun altro indice di prezzo, nemmeno dal costo per l’acquisto di beni e servizi da parte degli agricoltori. Oltretutto fra il greggio e il sistema dei prezzi di vendita nel settore agricolo esiste una modesta correlazione di tipo inverso.

 

 

 

DIAGRAMMA DI CORRELAZIONE

Che interpretazione dare di tutto ciò? E’ bene precisare che per trarre conclusioni definitive sarebbe necessario esaminare un maggior numero di variabili. Tuttavia alcune valutazioni generali possono essere fatte. In primo luogo possiamo affermare, con ragionevole margine di sicurezza, che i prezzi finali non sono influenzati da quelli praticati dagli agricoltori in fase di vendita, ma appaiono molto più legati a quelli del settore industriale che, a loro volta, sembra risentano, anche se in misura non evidentissima, dell’andamento dei prezzi del greggio e del gas naturale. Le dinamiche dei prezzi praticati dagli agricoltori evidentemente sfuggono al modello: debbono esistere elementi, non contemplati nella nostra analisi, che possono dare una spiegazione plausibile di tali variazioni.

In ultima analisi è possibile concludere che il prezzo finale dei beni di prima necessità è legato soprattutto ai costi che si sedimentano a valle del settore agricolo e cioè al segmento fra agricoltura e industria e, presumibilmente, a quello fra industria e distribuzione all’ingrosso e al dettaglio. Per quanto è possibile capire dall’interpretazione del modello, è molto probabile che il prezzo del greggio agisca sul prezzo finale dei beni di prima necessità attraverso la sua influenza sul settore industriale.

 

2.2.2 Rapporto fra incremento dei prezzi e impoverimento della popolazione

Va detto che questa parte dell’analisi, di per sé piuttosto sommaria, va considerata come il tentativo di comprendere alcune dinamiche di base solo in primissima approssimazione. Obiettivo del lavoro, come precedentemente accennato, era cogliere il rapporto fra l’incremento dei prezzi degli ultimi anni e l’andamento dei consumi. Purtroppo i sistemi informativi dell’ISTAT e del CENSIS non riportavano indici organici equamente ripartiti sul quinquennio oggetto di analisi per quanto riguarda gli andamenti dei consumi. Si è quindi pensato di andare alla ricerca di una correlazione fra andamento dei prezzi e impoverimento della popolazione. Come indici di “benessere” sono stati individuati, come già evidenziato in premessa: il tasso di occupazione della popolazione attiva, l’indice di povertà e le spese percentuali destinate alla cultura e alle attività ricreative. Diciamo subito che anche questi indici non “eccellevano” in quanto a contenuto informativo nel senso che erano disponibili solo con cadenza annuale e non solo. Il primo per il periodo 1995–2006, il secondo per il 1997–2006 mentre l’ultimo solo per i sei anni compresi fra il 2000 e il 2005.

Con queste premesse e con l’obiettivo di ricavare una prima idea di massima, ci è sufficiente eseguire una semplice analisi di correlazione fra le variabili.

 

Anno Prezzi TassoOccup IndicePov SpesaCult
    51,8    
1996 104,0 52,1    
1997 103,8 52,3 13,0  
1998 104,9 52,9 13,0  
1999 105,9 53,7 13,1  
2000 107,6 54,8 13,9 7,3
2001 112,2 55,9 13,6 7,3
2002 116,4 56,7 12,4 7,2
2003 120,2 57,5 11,8 7,2
2004 122,8 57,4 13,1 7,4
2005 122,8 57,5 13,0 7,2
2006 125,0 58,4 12,9  
2007 128,3      

 

Il coefficiente di correlazione fra prezzi e tasso di occupazione è pari a 0.97, quello fra prezzi e indice di povertà è di -0.38, mentre l’ultimo, fra indici di prezzo e spesa culturale -0.05. Se ne deduce, almeno con i dati disponibili, che non c’è alcun legame fra il progressivo lievitare degli indici di prezzo dei beni di prima necessità e le altre variabili. Dunque, almeno nella congiuntura rappresentata dal periodo di riferimento (il decennio 1996-2006), l’incremento dei prezzi non sembra avere determinato un sensibile impoverimento della popolazione nazionale. Da ciò potremmo anche dedurre, come logica conseguenza, che anche il potenziale di consumo non dovrebbe essersi sensibilmente ridotto.