Breve storia di un angolo di montagna

Il Comune di Piteglio è situato sull'Appennino Pistoiese, al confine con la Provincia di Lucca, ad una altitudine che varia da 400 a 1400 m. Oggi il territorio abbraccia due valli principali, val di Lima e val di Forfora, per la quasi totalità sul versante tirrenico, la parte sul versante adriatico è solo quella adiacente al corso del fiume Reno. Curiosamente la Chiesa parrocchiale di Prunetta è situata esattamente al centro del displuvio tra la Val di Reno e Liesina, tanto che le falde del tetto fanno confluire l'acqua piovana a sinistra nei mare Adriatico e a destra nel mar Tirreno. E' il secondo Comune della Provincia di Pistoia per estensione territoriale, 50 kmq, oggi suddiviso in otto frazioni e sette borgate che fino a 200 anni fa costituivano 5 piccoli comuni autonomi. Parlare di confini provinciali fa sorridere perché il limite è impalpabile, le strade sono aperte, gli scambi culturali o commerciali saltano qualsiasi ostacolo fisico e collegano i paesi di tutti i continenti. Ma questa facilità, o progresso, è recentissima, ed è uno dei pochi aspetti positivi del secolo che sta finendo.

Piteglio e le sue valli hanno sofferto atrocemente, in antico, la condizione di paesi di confine. Le creste che vediamo chiudere l'orizzonte a occidente, erano creste da cui poteva arrivare il nemico all'improvviso e portare morte e distruzione. Cinque vedette controllavano l'orizzonte. Piteglio in posizione di sicurezza, a guardia dell'importante strada alle sue spalle, con l'ampia valle aperta e ben visibile, che le si stendeva intorno come una specie di larga zona franca. Popiglio, più vicina al confine ma riparata da barriere naturali, il fiume Lima a valle e i picchi rocciosi a ovest. Per secoli Popiglio fu una delle comunità più popolose della montagna; forse tanta gente insieme, in pochi chilometri quadrati, era fondamentale per tessere una maglia di guardiani lungo la linea di confine più a rischio. Erano ancora i tempi in cui il numero faceva la forza. Dai pascoli alti, velocemente si poteva segnalare e preparare la difesa, anticamente alle torri, poi nel paese castello. In val di Forfora forse si usò un altro sistema difensivo. Invece che in un unico paese la difesa era dislocata su tre punti Calamecca, Crespole e Lanciole: tre castelli proteggevano gli abitanti più esposti al pericolo, perché non avevano le barriere naturali di rocce o fiumi tra loro e la Lucchesia, come Popiglio, o la grande vallata come Piteglio.

La possibilità di coltivare terreni fertili, "alla solativa", dove poteva crescere la vite e l'ulivo, compensava il rischio di vivere così a ridosso della cresta di confine.  Non importava però aspettare il pericolo da lontano: ogni paese era autonomo e rivale dell'altro. Vivere dei prodotti della terra, in una economia chiusa, senza occasioni di scambi e commerci, anzi spesso con severe condanne se qualcuno tentava di vendere una parte del raccolto fuori dalle mura, faceva scattare l'odio e il sospetto contro il vicino per pochi metri di pascolo o l'uso di una sorgente.  E se questo campanilismo nelle decine di microcapitali dei microstati italiani stimolava prìncipi e sovrani a creare tesori artistici stupefacenti, in montagna, non avendo altre sedi del potere da ornare, stimolava i paesi a decorare le pievi o a contendersi la sede del governatore. Le valli della Liesina e Forfora non furono coinvolte direttamente in questa lotta di campanile che si svolse invece tra Lizzano, S. Marcello e Cutigliano, dove il Capitano di Montagna risiedeva.

Tutto il territorio del comune di Piteglio è stato abitato da secoli, si potrebbe dire da sempre, perché zona di terreni bene esposti, fertili, ricchi di acqua, lontano dagli acquitrini malsani della pianura paludosa. Sono stati trovati reperti archeologici dell'età della pietra, del ferro, etruschi, liguri e celti, ed oggi lo scorrere del tempo si è fermato nei nomi dei luoghi. Nomi che ricordano la presenza sul territorio di popoli in guerra, Galli e Romani, Latini e Longobardi. Ad esempio gallico è Reno che significava fiume, o Lucchio che significava bosco, mentre latini sono Bitolleta, Ravicata, Migliari, luoghi in cui crescevano betulle, rape o miglio, Cafaggio invece è un termine longobardo per indicare un luogo o un bosco recintato. La val di Lima fu sicuramente teatro di battaglie durante il periodo di espansione dei Romani, tra Via Emilia - Appennino - Lucca - Pisa, dove si erano insediati intorno al 180 a.C. La val di Forfora rispetto a questa linea era più interna e rimase indisturbata, senza bisogno di essere occupata e colonizzata con presidi militari. Un ruolo importante lo ebbe invece successivamente, quando il regno longobardo a Lucca consolidava i suoi confini a sud est.

Tutte le roccaforti, sia di origine romana che longobarda, vennero occupate, prima dell'anno mille, dai conti Guidi come parte del loro grande feudo tosco-romagnolo, confermato durante il regno della contessa Matilde che aveva adottato un Guidi (Guido Guerra 1099). I Guidi erano ancora presenti in montagna 100 anni dopo che la città di Pistoia si era costituita in libero comune (diploma dell'imperatore Federico Il del 1220).

Quando Pistoia, precursore delle prime autonomie locali italiane, diventò libero comune (nel 1105 aveva nominato i suoi primi consoli), tutti gli altri antichi centri della montagna un po' alla volta scelsero la protezione del ricco libero comune Pistoia piuttosto che la protezione della famiglia del feudatario: verso la fine del XIII secolo ogni paese castello divenne Comune. Stimolati da questa nuova alleanza ciascun paese si dotò di regole per mantenere una convivenza civile e provvedere alla autonomia alimentare della propria popolazione. Calamecca, Crespole, Lanciole, Piteglio e Popiglio da allora furono libere comunità con proprio statuto, prima sotto la supervisione di Pistoia e dal 1402 di Pistoia e di Firenze.

Nel 1402 la Val di Forfora, fino ad allora sottoposta a Serra, passò sotto la giurisdizione del Capitano di Montagna, accanto ai primi sette paesi a lui sottoposti nella montagna alta (Gavinana, San Marcello, Mammiano, Lizzano, Cutigliano, Popiglio e Piteglio). È quindi con l'affermarsi del potere fiorentino in montagna che si viene delineando la nuova configurazione politico amministrativa attuale. Questo sistema amministrativo dei Comuni o Comunelli è rimasto invariato fino alle riforme avvenute dal 1774 in poi, quindi solo duecento anni fa, quando il buon amministratore austriaco il granduca Pietro Leopoldo, ridivise il territorio della Toscana in grandi comuni. Allora i cinque piccoli territori di Calamecca, Crespole, Lanciole, Piteglio e Popiglio ebbero un unico consiglio dei Rappresentanti sotto il nome di Piteglio. Trent'anni dopo, durante l'occupazione napoleonica, fu scelto Popiglio come capoluogo per tre anni, poi fu scelta la denominazione Popiglio e Piteglio, e finita l'occupazione francese il capoluogo tornò ad essere Piteglio. In questo secolo, durante la seconda guerra mondiale, il territorio del comune fu di nuovo attraversato da una lunga linea di confine, che ridisegnava l'antica linea di cresta, di confine e collegamento, la linea Gotica, particolarmente marcata sul poggio Bersano ex Croce Brandelliana verso Serra da un lato e verso l'Acquerino -Bisenzio, dall'altro. Nei secoli la distribuzione degli abitanti è cambiata via via che nascevano i nuovi paesi, ma il numero è rimasto pressoché invariato, fatta eccezione per i dati del 1745 sui quali si riflette l'aumento della mortalità per carestie e epidemie del secolo precedente. E evidente il decremento attuale della popolazione dovuto al generale e progressivo spopolamento della montagna attuato dalle nuove generazioni, un decremento che assomiglia tragicamente ai periodi più negativi.

 1551  1745  1883  1995  anno
 1854  729  1014  555  Popiglio
 484  429  736  302  Piteglio
 382  228  456  93  Calamecca
 288  224  350  170  Crespole
 46  212  212  76  Lanciole
     368  289  Prunetta
       221  Prataccio
       175  La Lima
 3161  1772  3136  1981  Totale Abit.

E Interessante fare il confronto col numero di abitanti delle antiche sedi del Capitano di montagna negli stessi anni

 1855  1337  2199  1747  Cutigliano
 1405  953  792  311  Lizzano
 961  761  1129  1843  S. Marcello

I dati statistici di Prunetta, Prataccio e La Lima sono parziali perché Prataccio e Prunetta erano piccoli insediamenti rurali al pari di Capanne e i loro dati confluivano nel totale di Piteglio, e i primi dati de La Lima, nel 1800, erano sommati a quelli di Popiglio.

La Lima nacque come villaggio operaio intorno alla Cartiera Cini, quando Giovanni e Cosimo Cini decisero di spostare nel 1822 la lavorazione, che era sul torrente Limestre, sul fiume Lima, più ricco di acqua.

Lo sviluppo di Prataccio rispetto a Capanne risale al secolo scorso, quando verso il 1840 fu aperta la strada carrozzabile per Pescia, contemporaneamente alla apertura del tratto La Lima - Popiglio Lucca, circa cinquanta anni dopo quella della strada granducale Pistoia - Modena che aveva agevolato gli scambi e i commerci nella valle del Reno, del Maresca, del Limestre e alto Lima. Allora le valli adiacenti, nel comune di Piteglio, erano ancora servite solo da mulattiere, e si adeguarono alle esigenze dei nuovi mezzi di trasporto.

Lo sviluppo di Prunetta invece è iniziato nel 1643 quando furono create le piazze per esercitare la milizia della montagna. Erano state scelte San Marcello, Cutigliano, Spedaletto e Piastre, ma Piteglio e Crespole si opposero e ottennero la piazza per le esercitazioni in una zona più centrale, Prunetta, e trent'anni dopo fu costruita la chiesa parrocchiale.

La viabilità, l'essere anello di congiunzione tra la pianura e l'Alpe, ha dotato nei secoli la valle della Liesina di punti strategici. Due sono ora quasi completamente irriconoscibili, gli ospizi, nel 1300 ancora attivi, di Campagliana in fondovalle e Croce Brandelliana in cresta. Questi due punti erano a uguale distanza tra loro e Pistoia, circa sei miglia da Pistoia alla Croce sul monte Bersano e altre sei miglia dalla Croce a Campagliana, approdo sul fiume Lima. Per ricordare quanta importanza avesse in passato questa valle dovremmo vederla come un ventaglio aperto, con l'impugnatura sul ponte di Campanelle sotto Popiglio, e i raggi che corrono sulle creste fino alla pianura pistoiese e pesciatina. Partendo dalla cresta, per metà lucchese, che da Marlia - Collodi arriva alla Croce a Veglia e di lì a La Valle, la cresta tra Pontito e Lanciole che porta alla sella di Casa di Monte, la cresta di Serra, la cresta che da Serravalle arriva alla Margine di Momigno, quella che da Gello arriva a Prunetta o da qui porta alle Piastre: si affacciano tutte su questa grande base di partenza, quadrivio, da cui sembrava di poter quasi toccare la cresta più alta a nord, il passaggio più difficile e pericoloso a Porta Franca, al passo dei Tre Termini, alla Croce Arcana, alle Tre Potenze, terribili per vento e neve.