Novecento

Titolo Novecento. Un monologo
Autore Baricco Alessandro
 
Dati 2013, 62 p., brossura
   
 
Editore Feltrinelli (collana Universale economica)

 

Sinossi

 

Il Virginian era un piroscafo. Negli anni tra le due guerre faceva la spola tra Europa e America, con il suo carico di miliardari, di emigranti e di gente qualsiasi. Dicono che sul Virginian si esibisse ogni sera un pianista straordinario, dalla tecnica strabiliante, capace di suonare una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che la sua storia fosse pazzesca, che fosse nato su quella nave e che da lì non fosse mai sceso. Dicono che nessuno sapesse il perché. Questo racconto, nato come monologo teatrale, è uscito per la prima volta nel 1994. Nel 1998 Giuseppe Tornatore ne ha tratto il film "La leggenda del pianista sull'oceano".

 

Il mio Commento    

 

A volte sei tentato di risalire la corrente, di andare alla ricerca delle acque che hanno riempito il mare. E così è quando leggi Novecento con l'istinto del musicista. D'altronde anche Baricco ha studiato musica. Pianoforte per la precisione. E in materia di musica ha scritto numerosi saggi. Così ti chiedi se Novecento si alimenti delle sorgive che sgorgano da una storia personale, da una seduzione intellettualistica, da una conoscenza particolare. Finché ti imbatti in una recensione che l'autore scrisse nel 1989. Il libro recensito era "No, non sono un eccentrico". Autore: Glenn Gould, pianista nato e vissuto in Canada e scomparso nel 1982. Cito testuale da Baricco: "[Gould] fece la vita del concertista per una quindicina d'anni detestando il pubblico, portandosi dietro una vagamente inconfessata paura per quel clima da arena ("una cosa crudele, feroce e idiota"), e collezionando solo le ripetitive solitudini delle stanze d'albergo. A trentadue anni smise di esibirsi in pubblico e iniziò a chiudersi nelle sale d'incisione: c'è, in un'intervista, una sua frase che, volendo, può suonare agghiacciante: "gli unici posti che amo e in cui mi sento a mio agio sono gli studi radiotelevisivi e le sale d'incisione". Sulla via di questa progressiva contrazione del proprio universo, Gould arrivò alla sua stramba vita degli ultimi anni: comunicava ormai solo per telefono, viveva la notte, esisteva praticamente soltanto negli studi d'incisione. Aggiungo due annotazioni: della sua vita privata, se mai ne ha avuta una, non esiste traccia. E poi: ripetutamente, nelle sue interviste, ritorna la precisa volontà di fare il compositore assai più che l'interprete. Questo era ciò che lui voleva diventare: un compositore. Di fatto, non lo diventò mai. Fu, insomma, tra l'altro, un uomo incompiuto. Si metta tutto insieme e viene fuori l'immagine di un personaggio scivolato in modo impermeabile tra le pieghe di un mondo e di un tempo a cui era sostanzialmente estraneo. Si potrebbe anche azzardare: di un mondo e di un tempo da cui era terrorizzato". Solo seduzioni? Può essere, ma al di là del reale casus scribendi, è difficile sottrarsi al sospetto che dietro le spoglie di Novecento si nasconda la fisionomia del pianista canadese, poi sopravvissuto a se stesso nella forma di una strardinaria leggenda. Sta di fatto che Novecento è "il pianista sull'oceano". Un musicista dotato di una tecnica prodigiosa. E' la dimensione ideale di ogni creativo: il posto della testa dove la testa si dimentica del corpo. Il pianista non ha più mani. Le mani si fanno anima. Il pianoforte non è più pianoforte. Diventa musica. Novecento è l'uomo che lascia cadere la musica dalle sue altezze vertiginose. Per farlo però si chiude in una dimensione umanamente asettica. Per dominare così pienamente la sua componente estetica, Novecento deve restringere il mondo. Deve chiudere le porte alla vita. Deve tenersene al riparo fino quasi a morire. Non è dato sapere se Novecento sia un frutto dell'arte o se l'arte sia un frutto di Novecento. Quello che è certo è che dentro ciascuno di noi c'è un pezzetto di lui.

 

Qualche frase 

 

“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.”

 

“Perché perché perché perché perché… Ho l’impressione che sulla terra sprechiate troppo tempo a chiedervi troppi perché. D'inverno non vedete l’ora che arrivi l’estate. D'estate avete paura che torni l’inverno. Per questo non vi stancate mai di rincorrere il posto dove non siete: dove è sempre estate”

 

“Sapeva leggere Novecento, non i libri. Quelli sono buoni tutti. Sapeva leggere la gente, i segni che la gente si porta addosso, posti, rumori, odori. La loro terra, la loro storia, tutta scritta addosso. Lui leggeva e con cura infinita catalogava, sistemava, ordinava in quella immensa mappa che stava disegnandosi in testa. Il mondo magari non l’aveva visto mai, ma erano quasi trent’anni che il mondo passava su quella nave. Ed erano quasi trent’anni che lui su quella nave lo spiava. E gli rubava l’anima”

 

"Suonavamo perché l'Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov'era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio".

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/libri/frase-142977?f=w:2272>

 

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